La vicenda giudiziaria della Ferragni suscita molte domande che legittimamente si pongono i non addetti ai lavori. Ebbene, senza pretesa di esaustività, la condotta della donna - e presumibilmente della società ad ella riconducibile nei limiti di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 18 giugno 2001, che disciplina la responsabilità penale delle persone giuridiche per fatti dei loro amministratori - sembra essere stata iscritta nel registro degli indagati, cosidetto mod. 21 RGNR della Procura, come una truffa aggravata. Non conoscendo, per ovvie ragioni, la corretta formulazione del temporaneo capo d′imputazione, al netto delle voci giornalistiche, possiamo ipotizzare che il PM delegato alle indagini abbia contestato l′aggravante di cui al comma 2 n. 2 bis dell′art. 640 codoce penale che rimanda alla disposizione dell′articolo 61 n. 5 . Trattasi della cosidetta aggravante della minorata difesa della vittima, ovvero "lavere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento alletà, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa". Le parti lese, pertanto, secondo quanto appare, dovrebbero essere individuate nei consumatori che hanno acquistato i prodotti pubblicizzati dall′influencer nella convinzione che i ricavi - o parte di essi - sarebbero andati in beneficenza. Costoro, in buona sostanza, avrebbero subito un danno - probabilmente più morale che materiale - consistente nell′aver mal risposto la loro fiducia nelle parole della Ferragni ed essere, per questo, stati indotti ad acquistare un bene che forse non avrebbero acquistato se avessero conosciuto la reale destinazione dei ricavi. L′aggravante troverebbe giustificazione nella distanza tra il luogo ove si trova la vittima, e quello in cui, invece, si trova il venditore, che determinerebbe una posizione di maggior favore di questultimo, che non avrebbe consentito di sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dellacquirente, come invece avviene quando entriamo in un negozio ed abbiamo un contatto diretto con il bene da acquistare e con il venditore. Personalmente la contestazione dell′aggravante non mi convince del tutto, e ciò in quanto il presunto raggiro non verterebbe sulle qualità del prodotto in sé, bensì sulla finalità dei ricavi derivanti dalla vendita dello stesso. L′acquisto di un bene avviene sempre attraverso un negozio giuridico, anche se meramente verbale, che pone degli obblighi reciproci a carico dei venditore ed acquirente. Nel caso in esame l′acquisto pare che fosse fondato su di una causale specifica, ovvero la destinazione dei ricavi alla beneficenza. Ebbene, da ciò che sembra ricavarsi dalle notizie di stampa, il venditore non avrebbe rispettato questo obbligo, e la condotta truffaldina dovrebbere individuarsi nell′aver dissimulato il vero intento della vendita dei prodotti, che non era la beneficenza ma il semplice, e direi sotto certi aspetti ovvio, profitto dell′imprenditore. Questo tipo di reato è procedibile sicuramente d′ufficio, ovvero a prescindere dalla proposizione di una querela, sebbene pare che comunque la stessa sia stata formalizzata da alcune associazioni a tutela dei consumatori.